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Divagazioni…marketing turistico, “pastorizia”, ambiente bene comune…sul Gargano, dove tutto è relativo

Mio nonno, l’amatissimo nonno materno, il mio Capitano Sueripolo, fu arrestato diverse volte per taglio abusivo di bosco. La famiglia era numerosa e andava sfamata. Quand’ero bambino, mia mamma mi diceva spesso che il nonno era in “colonia” a lavorare. Io pensavo alla città tedesca. Passò in colonia molto tempo ad accudire gli animali. Quando mi pestavano gli amici riottosi del centro storico di Vieste, oggi tutti in galera o morti per overdose, ricordavo loro il soprannome della mia famiglia di Peschici. E quelli continuavano a massacrarmi. Suscitava, il soprannome, molto rispetto nei latitanti genitori. Però i figli non ne volevano sapere.
La prima volta che fui apostrofato come infame fu all’università. I tanti esami sostenuti erano una colpa. Il più bravo in un oceano di mediocrità. Ho forse fatto qualcosa di sbagliato anche oggi? Ho rotto i silenzi. E le palle. “La grammatica è questa. Chi parla è un infame”. E’ un vocabolo curioso, dall’etimologia molto interessante. Riporta indietro nel tempo. Ma è attuale, sinonimo dei tempi mobili, il modo in cui mi è stato recentemente sbattuto in faccia: da una macchina e in movimento! Straordinario.

Come il figlio dell’ex baleniere protegge le balene, io spero un giorno di tutelare l’ambiente. E di non essere massacrato. Perché il figlio dell’ex baleniere vive a Wellington e io vivo a Vieste. Coordinate geografiche diverse. A Wellington il vento modella le idee. A Vieste il vento modella i silenzi. Gli eredi degli Slavi, avidi lettori di Marx, hanno instaurato la dittatura del proletariato fondato sull’industria del sesso. La trasgressione nel turismo a Peschici è destagionalizzata: se passate una giornata nei bar di Peschici, tutti vi ricordano le gesta eroiche di quanti si immolano in missioni di pace in tutti gli angoli del mondo. Lo sbadiglio, la moglie degli altri, la spaccatura del bambù, la giumenta, la mucca, l’oscillazione. Colpisce l’attaccamento alle idee del bramino Vatsyayana.

Se volete capire qualcosa di turismo, bruciate i libri e parlate coi bagnini di Peschici. Silenziosi e furtivi, alla luce del sole, di solito verso le 18, quando la voglia ti assale, si avvicinano alle giovani coppie di turisti con l’obiettivo, tappa fondamentale del furbesco approccio, di conquistare le simpatie del maschio. Entrati in confidenza, entrano nella mente della donna. E non solo. Tattici.

Il punto forte del ballerino animatore peschiciano che balla il cha cha cha, che parla lo spagnolo e mette ben in evidenza il dono di natura, consiste nell’organizzare la vita sociale del villaggio. Individuata la preda, riempie la giornata del maschio di estenuanti partite di tennis. Anche lui giocherà una partita. Con la donna del tennista. Strateghi.

Ma il più bravo di tutti è l’albergatore peschiciano. Perfetto conoscitore dell’importanza turistica della trasgressione extra coniugale, organizza i tavoli del ristorante in modo da permettere una contaminazione di sguardi. Sguardi che si incroceranno di nuovo in piscina, sulla spiaggia, in discoteca. Nelle camere da letto. E’ il marketing degli sguardi. Astuti.

Nella valorizzazione del capitale umano, un posto d’onore è riservato alle fanciulle. Le bellissime ragazze di Peschici, ancora oggi e nonostante l’influenza nefasta delle mode globali, come le sensuali ragazze cubane, non hanno barriere. Con singolare franchezza, aiutati da un meraviglioso dialetto rompighiaccio, ti portano a letto in un baleno. Nell’anarchia totale, un barlume di democrazia.

Logica conseguenza della dittatura del proletariato è la sistematica occupazione delle terre appartenenti al demanio comunale. A Peschici sono maestri ineguagliabili. L’affermazione “l’ambiente è di tutti” è bellissima. E’ come dire: “I mercati si autoregolano”. Con la solita retorica dell’allocazione efficiente delle risorse che massimizza il benessere della comunità globale. La favola liberista.

Un giorno, mentre passeggiavo nei boschi di Vieste, ingenuamente chiesi a un pastore se il Comune fosse il proprietario del posto. Mai risposta fu così sibillina: “Il Comune di Vieste è morto”. Aggiunsi: “Amen”. E quello, sorridendo, ricambiò: “Amen”. Mi regalò una ricotta. Per festeggiare il morto. Se decidete di fare un giro nelle terre comunali, mettete in conto di scavalcare numerose recinzioni abusive di filo spinato. E, per i maschietti non preparati agli addestramenti militari, come l’imbranato sottoscritto, state attenti ai genitali: il filo, spinato, è anche arrugginito.

L’ambiente è dei pastori. Se prestate un minimo di attenzione ai territori percorsi dal fuoco a sud di Vieste, noterete numerose mucche. La legge dello Stato, comma 1 dell’art 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, è carta straccia. Ricordo un simpatico episodio. Mentre mi recavo a Peschici con la macchina del babbo, notai in una curva cieca un bellissimo esemplare di toro in posa per un improbabile concorso di bellezza. Immediatamente segnalai telefonicamente l’episodio ai carabinieri. Mi fu risposto, testualmente: “Ma lei è sicuro che si tratta di un toro”.

Sentinella, quanto resta della notte?

L’ambiente è di coloro che in aperta violazione della Lgs 374/90 hanno recintato e chiuso con cancelli numerosissimi spazi in prossimità della linea doganale. Cosa vogliono proteggere non è dato capire. Hanno recintano il vuoto e in assenza dell’autorizzazione doganale ai sensi dell’art. 19 D. Lgs 374/90. L’ambiente è di tutti! E’ una tragedia. E’ la tragedia dei beni comuni.

Sentinella, quanto resta della notte?

La sentinella risponde:
“Viene il mattino, e poi anche la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi, venite!”

Lazzaro Santoro

da IL GARGANO NUOVO di dicembre

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